I nuovi poveri: le colf ai Parioli
L'associazione "Nonna
Roma", che distribuisce generi alimentari, racconta ad Huffpost come
l'emergenza coronavirus abbia cambiato il volto di chi chiede loro aiuto. Dalla
periferia al centro
“Se non lavori non ti pagano
e in un attimo ti ritrovi dal vivere in una casa ai Parioli a non avere nulla
da mangiare”. Sono colf, badanti, persone da anni al servizio di famiglie
agiate, che non riescono più a ospitarli per la paura del contagio. Storie quotidiane
che stanno allargando geograficamente il lavoro delle associazioni di
volontariato che operano nella Capitale. Tra queste “Nonna Roma”,
organizzazione nata tre anni fa per fornire un supporto a chi ne ha bisogno. Il
presidente Alberto Campailla spiega all’Huffpost che per trovare la povertà
nella città non c’è più bisogno di andare in periferia. Ai volti di chi da
sempre chiede aiuto perché non riesce a portare il cibo in tavola, se ne
aggiungono ogni giorno di nuovi, insospettabili. Cambiano i quartieri della
città dai quali queste richieste partono, alle volte accompagnate da un senso
di vergogna, di chi in quella condizione non era abituato a trovarsi e fatica
adesso a riconoscercisi.
Prima del lockdown del 9 marzo, “Nonna Roma” lavorava principalmente nella zona est della Capitale, l’area più popolosa e povera della città. Ora con i suoi pacchi alimentari raggiunge il centro e i quartieri della Roma bene: Parioli, Prati. Per dare soccorso ai collaboratori domestici, che “non possono lavorare all’interno delle case. Non perché non ci sia bisogno, ma perché c’è una preoccupazione molto forte sui rischi del virus”, spiega Campailla. “Sono rimasti finora completamente esclusi da ogni intervento significativo del Governo: non prendono i 600 euro delle partite Iva, non possono accedere al reddito di cittadinanza. Alcune famiglie hanno dato loro le ferie, così qualcuno è tornato a vivere dai genitori, altri continuano ad abitare negli appartamenti comprati loro dai datori di lavoro. Ma dopo due mesi, siamo quasi a maggio e le ferie sono finite. Se non lavori non ti pagano. Si passa quindi dal vivere in una casa ai Parioli a non avere da mangiare”. Per loro, non c’è luce in fondo al tunnel con l’arrivo del 4 maggio, data simbolica, che tale resta: “La fase 2 non comporterà una rioccupazione di molte di queste figure. La nostra preoccupazione è che anche se l’emergenza sanitaria potrà subire un calo, non sarà lo stesso per quella sociale”.
Prima che il Governo Conte imponesse l’isolamento per contenere il contagio del Covid-19, “Nonna Roma” sosteneva 250 famiglie. Nell’ultimo mese il dato ha raggiunto le quattro cifre: oltre 2700 hanno chiesto aiuto. Un numero, ci spiega Campailla, destinato ad aumentare. Non c’è poi solo un incremento quantitativo, cambia la composizione sul piano della configurazione sociale. Le richieste sono cresciute sia da parte di stranieri che italiani, ma per i secondi la percentuale è nettamente maggiore. Di questi nuovi poveri, molti sono lavoratori in nero. Tra loro, tantissimi camerieri, dipendenti di boutique e parrucchieri. Poi ci sono i professionisti.
Prima del lockdown del 9 marzo, “Nonna Roma” lavorava principalmente nella zona est della Capitale, l’area più popolosa e povera della città. Ora con i suoi pacchi alimentari raggiunge il centro e i quartieri della Roma bene: Parioli, Prati. Per dare soccorso ai collaboratori domestici, che “non possono lavorare all’interno delle case. Non perché non ci sia bisogno, ma perché c’è una preoccupazione molto forte sui rischi del virus”, spiega Campailla. “Sono rimasti finora completamente esclusi da ogni intervento significativo del Governo: non prendono i 600 euro delle partite Iva, non possono accedere al reddito di cittadinanza. Alcune famiglie hanno dato loro le ferie, così qualcuno è tornato a vivere dai genitori, altri continuano ad abitare negli appartamenti comprati loro dai datori di lavoro. Ma dopo due mesi, siamo quasi a maggio e le ferie sono finite. Se non lavori non ti pagano. Si passa quindi dal vivere in una casa ai Parioli a non avere da mangiare”. Per loro, non c’è luce in fondo al tunnel con l’arrivo del 4 maggio, data simbolica, che tale resta: “La fase 2 non comporterà una rioccupazione di molte di queste figure. La nostra preoccupazione è che anche se l’emergenza sanitaria potrà subire un calo, non sarà lo stesso per quella sociale”.
Prima che il Governo Conte imponesse l’isolamento per contenere il contagio del Covid-19, “Nonna Roma” sosteneva 250 famiglie. Nell’ultimo mese il dato ha raggiunto le quattro cifre: oltre 2700 hanno chiesto aiuto. Un numero, ci spiega Campailla, destinato ad aumentare. Non c’è poi solo un incremento quantitativo, cambia la composizione sul piano della configurazione sociale. Le richieste sono cresciute sia da parte di stranieri che italiani, ma per i secondi la percentuale è nettamente maggiore. Di questi nuovi poveri, molti sono lavoratori in nero. Tra loro, tantissimi camerieri, dipendenti di boutique e parrucchieri. Poi ci sono i professionisti.
“Abbiamo intercettato,
seppur in minore parte perché c’è un elemento di vergogna, richieste da parte
di professionisti”, racconta Campailla, “Persone laureate, istruite, con
competenze, che da un mese e mezzo non riescono a lavorare. Chi da tempo vive
in una situazione di disoccupazione strutturale in qualche modo è consapevole
di quella condizione. Chi è nuovo, ha una certa difficoltà a riconoscercisi.
Siamo abituati alla consegna dei pacchi alimentari porta a porta, ma un signore
ha chiesto di poterlo prendere lui stesso: teme cosa possano pensare gli altri
inquilini della palazzina dove abita, e soprattutto cosa penserà la figlia. Non
vuole farle capire che si trovano in queste difficoltà. Il pensiero della
figlia mi ha fatto stare male, mi sembra un punto di non ritorno. Un conto è
preoccuparsi dell’esterno, un altro è quando la vergogna entra in casa, nel
nucleo familiare. Un altro signore mi ha chiamato piangendo, disperato. Ha due
bimbi, non sa come fare. È molto pesante”.
Ogni weekend, circa 250 volontari dell’associazione caricano i pacchi alimentari dal magazzino e si parte col giro tra le case, a seconda delle richieste dei cittadini. Le difficoltà sono tante, soprattutto per quanto riguarda il tema del reperimento del cibo che assume adesso una centralità drammatica.
Ogni weekend, circa 250 volontari dell’associazione caricano i pacchi alimentari dal magazzino e si parte col giro tra le case, a seconda delle richieste dei cittadini. Le difficoltà sono tante, soprattutto per quanto riguarda il tema del reperimento del cibo che assume adesso una centralità drammatica.
“La nostra preoccupazione è
che questi aiuti non bastino”, prosegue Campailla, “La nostra attività è
principalmente sostenuta grazie a donazioni di privati, gli aiuti pubblici
soddisfano una parte molto piccola rispetto al fabbisogno reale. Penso alla
questione dei Buoni Spesa nella città di Roma: ancora circa la metà dei
richiedenti non lo ha ricevuto. Il Comune ha acquistato pacchi alimentari per
un milione di euro: sono risibili rispetto alle richieste. Lo Stato è chiamato
a interventi poderosi”.
Dal loro punto di vista, le
soluzioni sono tre: “L’aiuto sui fabbisogni alimentari, quindi aumentare il
meccanismo dei Buoni Spesa per farlo diventare strutturale. Il tema
dell’estensione del reddito di cittadinanza. Infine un intervento importante è
necessario sulla questione affitti, che rischia di strangolare le famiglie.
Quando è iniziata l’emergenza abbiamo seguito il caso di una signora che
rischiava di essere sfrattata. Poi fortunatamente è arrivato il blocco del
Governo fino a settembre, altrimenti si sarebbe verificato un paradosso:
costretti a stare in casa, senza più una casa nella quale stare. Ma è solo una
questione di tempo, il tema si ripresenterà in autunno”.
Il nome “Nonna Roma” -
rivisitazione del titolo del film interpretato da Anna Magnani – non è stato
scelto per caso. La nonna è sempre disposta ad aggiungere un posto a tavola.
L’associazione teme possa arrivare il giorno in cui a quella tavola si
incominci a stare troppo stretti: “Siamo certi che l’estate continuerà così, magari
con numeri leggermente più bassi se qualcuno tornerà a lavorare. A poco a poco
arriveranno i Buoni Spesa del comune e un po’ di persone per il mese di maggio
potrebbero in qualche modo far da soli. Ma abbiamo paura che da giugno la
situazione torni a essere drammatica”.
Silvia RendaCollaboratrice
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